Yule - 21 Dicembre

06.12.2014 17:45

 

Yule (21 Dicembre)

 

Durante Yule, o solstizio d'inverno, il respiro della natura è sospeso nell'attesa di una trasformazione e il tempo stesso pare fermarsi.

É uno dei momenti di passaggio dell'anno, forse il più drammatico e paradossale: l'oscurità regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali. Dopo il solstizio, la notte più lunga dell'anno, le giornate ricominciano poco alla volta ad allungarsi. Come tutti i momenti di passaggio, il solstizio d'inverno è un periodo carico di valenze simboliche e magiche. Due sono i temi principali rappresentati da questo Sabba: il primo è la morte del Vecchio Sole e la nascita del Sole Bambino; il secondo è la leggenda che narra della sconfitta del Dio Agrifoglio, re dell'anno calante, ad opera del Dio Quercia, re dell'anno crescente. Se il sole è un Dio, il diminuire del suo calore e della sua luce è visto come segno di vecchiaia e declino, occorre quindi scacciare l'oscurità prima che il sole possa sparire per sempre. Così si celebravano riti per assicurare la rigenerazione del sole e si accendevano falò per sostenere la forza e per incoraggiarne, tramite la cosiddetta “magia simpatica”, la rinascita e la ripresa della sua marcia trionfale. Il solstizio è insieme festa di morte, trasformazione e rinascita. Il Re Oscuro, il Vecchio Sole, muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dal ventre della Dea; all'alba la Grande Madre Terra da alla luce il Sole Dio. Questo equilibrio di buio e luce è stato distorto nel corso dei secoli in una lotta tra bene e male.

I Celti consideravano il sole che si levava fino alla vigilia del solstizio un sole-ombra, mentre quello vero era prigioniero di Arawn, re del mondo di sotto.

Questo vero sole rinasceva dal grembo di Ceridwen, la vecchia Dea-Strega dell'inverno. L'agrifoglio, invece, con le sue bacche rosse allude al sole e ghirlande di agrifogli simboleggiano la ruota dell'anno. L'agrifoglio era collegato folkloricamente all'edera, simbolo di vita e di rinascita a motivo della sua crescita a spirale, e considerato l'arbusto in cui si nasconde lo scricciolo. Nel folklore britannico la morte del Re dell'anno calante è tuttora celebrata con la caccia e l'uccisione dello scricciolo (uccello totemico di Saturno) ad opera del pettirosso, l'uccello dell'anno crescente. Nelle antiche usanze britanniche l'edera era utilizzata come decorazione natalizia e si combattevano scherzose battaglie a base di canti satirici tra le ragazze dell'edera ed i ragazzi dell'Agrifoglio.

La tradizione del ciocco è quella che, forse più di tante altre, ha fuso in unico simbolo il mito della luce solare e quello vegetale del dio che muore per rinascere dalle proprie ceneri. Il ceppo, di solito di legno di quercia (albero del dio dell'anno crescente, trionfante al solstizio d'inverno), veniva portato nelle case la sera della vigilia, ornato di sempreverdi e innaffiato di vino, per essere acceso nel caminetto dal membro più giovane o più anziano della famiglia (il nuovo o il vecchio sole). Spento il giorno dopo, veniva riacceso ogni sera nelle fatidiche 12 notti fino all'Epifania. La cenere era sparsa intorno all'orto contro i parassiti o sulle travi di casa a protezione dai fulmini. I carboni erano riaccesi quando minacciava la grandine. Il pezzo che restava era utilizzato per accendere il ciocco dell'anno successivo, a simboleggiare la forza della vita che passa da una modalità di esistenza all'altra, in un ciclo senza fine. Il ciocco del solstizio sopravvive ancora oggi, epoca di caloriferi e stufe elettriche, sotto forma di tipico dolce natalizio. Così il ciocco ci riconduce al significato più autentico della festa solstiziale: il grande cerchio dell'essere dove buio e luce, morte e vita, passato e futuro si intrecciano e si trasformano l'uno nell'altro in quella eterna danza cosmica che è il destino di tutto ciò che esiste.

La pianta sacra del solstizio d'inverno è il vischio, pianta simbolo della vita in quanto le sue bacche bianche e traslucide somigliano allo sperma maschile. Il vischio, pianta sacra ai Druidi, era considerato una pianta discesa dal cielo, figlia del fulmine, quindi emanazione divina. Equiparato alla vita attraverso la sua somiglianza allo sperma, e unito alla quercia, il sacro albero dell'eternità, questa pianta partecipa sia del simbolismo dell'eternità che di quello dell'istante, simbolo di rigenerazione ma anche d'immortalità. Poichè la pianta sboccia completamente all'epoca del solstizio d'inverno, i Celti consideravano il vischio come una manifestazione miracolosa del mondo vegetale, una manifestazione divina.

La natura in questo tempo si riposa per prepararsi a vivere un nuovo ciclo e anche per noi sarebbe fisicamente opportuna una pausa, un momento per dedicarci alla lettura, alla meditazione, al rilassamento. Il solstizio può essere per noi un momento molto calmo e importante, in cui nella silenziosa e oscura profondità del nostro essere contattiamo la scintilla del nuovo sole. Questa è anche un'opportunità per gioire e abbandonarci a sentimenti di ottimismo e di speranza: come il sole risorge, anche noi possiamo uscire dalle tenebre invernali rigenerati.

Per l'altare usiamo un panno bianco, decoriamolo con dei sempreverdi, euforbia, rosmarino, agrifoglio, vischio ed edera. Usiamo candele rosse, bianche e verdi a simboleggiare, rispettivamente, il sangue del parto, l'innocenza della nuova vita e la crescita. Bruciamo l'incenso di Yule composto da una miscela di camomilla, zenzero, pino e salvia.

 

Riti di Yule

 

Purificazione della casa: per ripulire la casa da energie negative relative all'anno che sta finendo, procurarsi un ramo o un pezzetto di legno di abete, 12 chiodi di garofano, 12 bacche di ginepro, una candela bianca e una nera. Prima della mezzanotte del 31 dicembre stendere un telo per terra vicino alla porta d'ingresso di casa e metterci sopra il necessario per il rito: le candele, un incensiere con carboncino. Dopo aver sminuzzato abete, chiodi di garofano e bacche di ginepro in un mortaio, riducendo il tutto ad un incenso, accendere la candela nera, poi quella bianca e bruciare tutto l'incenso sul carboncino. Lasciare consumare il tutto fino alla fine e gettare il tutto in un corso d'acqua.

 

Addio alla negatività: per allontanare la negatività accumulata durante l'anno prediamo una pietra grande quando un pugno. In una delle sere che intercorrono tra Natale e il 31 dicembre, accendiamo una candela nera e concentriamoci sulla pietra. Ripercorriamo l'anno che sta finendo e ripensiamo alle cose spiacevoli che ci sono successe, visualizzando che entrino nella pietra.

Se è difficile visualizzare, si possono scrivere su di un foglio di carta.

Lasciamo consumare la candela, poi prendiamo la pietra (avvolgiamola nel foglio di carta se lo abbiamo scritto) e andiamo a sppellirla in un prato lontano da casa, oppure gettiamola in acqua corrente insieme ai resti della candela.