Yule ed i suoi simboli

05.12.2015 16:50

Simboli vegetali di Yule

 

La tradizione spirituale celtica era strettamente connessa con il Cielo e la Terra e con i rapporti e fenomeni esistenti fra i due. L'unione con tutte le cose era un assunto di base che permetteva ai Druidi di insegnare i segreti del cosmo e della Natura e tale unione era ciò che veniva definito nemed, il Sacro.

La sacralità della Vita in ogni suo aspetto e rappresentante derivava dal fatto che ogni essere (minerale, vegetale, animale, umano o del Sidh) era una manifestazione della Potenza, dell'Amore e della Sapienza divine.

I Celti mostravano una profonda venerazione e un grande rispetto nei confronti del mondo vegetale. Basti pensare che le radure delle foreste, che in quel periodo ricoprivano interamente l'Europa, erano i luoghi naturali dove si svolgevano il culto e l'insegnamento druidico e che furono i Romani a iniziare il taglio indiscriminato dei boschi, anche e soprattutto per colpire i Druidi, distruzione che proseguì nell'epoca cristiana per sopprimere i boschi sacri alla tradizione pagana.

I motivi vegetali, che rappresentano simbolicamente la resurrezione, la rinascita, il rinnovamento della vita in nuove forme, sono presenti in modo preponderante nella produzione artistica dei Celti e dovevano perciò rivestire un importante ruolo anche nella loro tradizione spirituale. Alla base di ogni espressione celtica vi era la consapevolezza che il lato spirituale era strettamente connesso a ogni cosa in una sorta di legame indissolubile che testimoniava il concetto dell'Unità della Vita. Un profondo legame spirituale univa quindi il mondo celtico con la Natura di cui si riteneva un'espressione tra le altre.

I giganti delle foreste non venivano solo rispettati e riveriti in quanto rappresentanti più evoluti del mondo vegetale, ma anche per le loro qualità curative, e il loro simbolismo veniva utilizzato per il calendario annuale, per la divinazione, per il linguaggio segreto (l'Ogham) e come riferimento per l'apprendimento della conoscenza con un complesso sistema di memorizzazione.

Vediamo ora il significato simbolico che i Celti attribuivano al mondo vegetale; innanzitutto è opportuno considerare che nell'evoluzione della vita sulla terra il mondo vegetale ha avuto un ruolo di tutto rispetto. É grazie a loro che l'aria è ricca di ossigeno e pare siano state le prime forme di vita apparse sul pianeta. Il mondo vegetale fornisce all'uomo da milioni di anni abbigliamento, cibo, medicine, abitazioni, utensili e molto altro come dono spontaneo, e i Celti vedevano gli alberi come fratelli vegetali (e non come fonte di denaro come fa l'uomo moderno).

Mentre, se osserviamo le somiglianze che esistono tra l'uomo e le piante possiamo vedere che: l'albero ha radici che, tendendo verso il basso, sprofondano nella terra e fuggono la luce, esse sono sensibili alla presenza dell'acqua e si contorcono per trovarla; il fusto, invece, tende verso la luce e le foglie si mettono perpendicolari rispetto alla luce del sole per utilizzarla al meglio nel processo di fotosintesi.

L'essere umano ha le proprie radici genetiche che si perdono nella notte dei tempi e che sono in grado di portarlo in contatto con il proprio passato, fonte delle esperienze dei suoi antenati. Da qui il legame con il mondo dell'inconscio e del subconscio, connessione che può divenire una sorta di “strada energetica” ed essere percorsa dalla propria coscienza grazie ai particolari stati di coscienza in veri e propri “viaggi interiori di esplorazione”. Lo stato di coscienza di veglia dell'uomo è simile al fusto dell'albero che lo sorregge e che gli permette da un lato di esplorare le profondità della terra (la propria psiche) mantenendosi saldo sulla terra, dall'altro di estendere i propri rami verso il cielo, le parti più alte del proprio essere (la Supercoscienza), per attingere alla luce, l'altra fonte di vita. Cosa pensare, poi, quando si scopre che il nostro cervello ha l'aspetto di una noce e che per i Celti il simbolo della saggezza e della conoscenza era la nocciola? Cosa dire quando tagliamo il cervelletto umano a metà, si scopre che è strutturato e assomiglia a una foglia di quercia, albero sacro per eccellenza della tradizione celtica?

Vediamo nello specifico i due alberi relativi alla festa di Yule: l'agrifoglio e la quercia.

 

Agrifoglio – Tinne

 

L'agrifoglio è un albero sempreverde che non diviene molto alto ma che può vivere fino a 200 anni. Ha foglie carnose, lucide e molto pungenti e le sue bacche rosse spuntano a fine settembre per durare fino a fine gennaio e sono utilizzate come nutrimento durante l'inverno da diverse specie di uccelli. Si ritiene che il fiore dell'agrifoglio fissato sulla soglia o alle maniglie delle porte di casa ostacoli l'entrata di persone o forze dannose per i proprietari e lo si considera un'ottima protezione magica se le maniglie e la porta sono fatte con il suo legno.

Nel calendario degli alberi il mese ad esso dedicato era conosciuto come il “mese della lancia”, che evidenziava un altro suo utilizzo e lo associava alle armi e all'equipaggiamento dei guerrieri. Il termine gaelico Tinne, inoltre, significa sia “fuoco” che “oggetto fatto di ferro”, intendendo con questo il metallo rovente e rosso che il fabbro usava per forgiare le armi, denominato in genere tinnchair, derivato dalla medesima radice. La sua associazione ai guerrieri era dovuta al fatto che un giovane agrifoglio aveva le foglie tenere e poco pungenti, ma le cui spine, raggiunta la maturità, divenivano una vera e propria arma pericolosa, come i guerrieri ormai provetti nell'arte del combattimento.

L'agrifoglio era considerato un albero in grado di assicurare una buona fortuna e una forte protezione, difendendo la casa contro tutte le forze ostili. In antichità la bacche di agrifoglio venivano utilizzate come purgante, ma spesso il loro effetto era tanto drastico da provocare il vomito. L'efficacia delle sue foglie contro le malattie articolari ne fanno ancora oggi un ottimo rimedio sotto forma di tintura o decotto per la cura dei reumatismi e dell'artrite. Uno sciroppo ottenuto dalle sue foglie sembra essere un'eccellente medicina per la tosse persistente e il catarro.

 

Quercia – Duir

 

La quercia è un albero che può raggiungere ragguardevoli dimensioni e vivere più di mille anni. É da sempre apprezzata per la durezza e la durata nel tempo del suo legno e venne impiegata in epoca celtica per la costruzione di strade sul terreno umido dell'Europa di allora. Per secoli i suoi robusti rami vennero adoperati nella costruzione delle navi della flotta britannica, finché una legge non ne impedì l'abbattimento indiscriminato. Il legno di quercia è l'unico in cui il vino e i liquori possono invecchiare senza subire alterazioni di gusto.

Il suo nome gaelico Duir o Dair, oltre che quercia, significa anche “porta”e per molto tempo questo albero ha avuto l'appellativo di robusto guardiano della porta. Il simbolismo della quercia come soglia è evidente nel momento in cui la si associa alla festa di Lughnasadh, il culmine dell'estate, la festa del re, il centro della stagione luminosa. Lughnasadh è un momento mediano dell'anno che guarda dalla stessa distanza sia verso l'inizio della sua parte luminosa, la festa di Beltane, sia verso l'inizio di quella oscura, Samhain. Come soglia la quercia rappresenta il punto centrale da cui si può guardare sia dall'esterno che dall'interno e viene quindi considerata come un'apertura fra due mondi, un passaggio. I Celti la consideravano la rappresentazione visibile della divinità, ed è quasi certo che i Druidi prediligessero la sua ombra a quella di altri alberi per riunirsi, dispensare il loro insegnamento e compiere diversi rituali. Grazie al fatto che i suoi nodi crescono disegnando una spirale intorno al tronco così che il loro ordine è lo stesso di quello dei vertici di un pentagono stellato, simbolo druidico per eccellenza, la quercia è associata all'ordine cerimoniale e alla magia superiore o teurgia. Il legno di quercia alimenta i fuochi sacri ed era albero dedicato alla Triplice Dea. Oltre che alla Dea la quercia era sacra a Taranis e associata al fulmine, così come al Dagda irlandese, la cui mazza era in legno di quercia, un'arma in grado di dare la vita ai morti e la morte ai vivi (i due lati della porta). Si dice che la quercia ha radici tanto profonde quanto l'altezza dei suoi rami e viene quindi considerata un collegamento fra il mondo sotterraneo e quello celeste.

Le querce sacre di epoca celtica dovevano essere dei veri e propri giganti, forse molto più grandi di quelle attuali. In passato si pensava che la ghianda avesse il potere di proteggere dal fulmine e che tenerla in casa avrebbe tenuto lontano tale pericolo. Un'altra qualità che anticamente veniva attribuita alla ghianda di questo possente albero era il potere afrodisiaco, ma ancora di più quello fecondativo, e dalla sua farina si ottenevano dei pani in periodi di carestia. La corteccia ridotta in polvere serviva per conciare le pelli e con il suo legno si ottenevano le botti per il vino. Era utilizzata in medicina per il disturbi della pelle, eczemi, laringiti e tonsilliti. I Celti usavano la corteccia insieme alle ghiande contro la diarrea, la dissenteria, le emottisi, le emorragie, le febbri. Ancora oggi, la corteccia, viene utilizzata come rimedio per la diarrea, le emorroidi, le angine, le affezioni croniche della milza e la cirrosi epatica.

 

 

 

Tratto da “Il vischio e la quercia”