LA MALATTIA E’ UNA VIA CHE CONDUCE ALLA PERFEZIONE - seconda parte

09.08.2014 21:20

Non evitare ma redimere attraverso l’esperienza: questa è la provocazione. Per far questo è necessario mettere in discussione l’immobilità dei nostri criteri di valutazione, per capire che il segreto del male consiste in ultima analisi nel fatto che il male in realtà non esiste. Al di là di ogni polarità sta l’unità, che chiamiamo “Dio” o anche “luce”.

All’inizio era la luce come unità che tutto abbraccia. Al di fuori di questa luce non c’era nulla, altrimenti la luce non sarebbe stata l’unica cosa esistente. Solo con la polarità nascono le tenebre, al solo scopo di rendere la luce percepibile. Il buio è quindi un puro prodotto artificiale della polarità, necessario per rendere la luce visibile sul piano della coscienza polare. In questo mondo il buio serve alla luce, l’alimenta, “porta la luce” come ci ricorda il nome di Lucifero. Se sparisce la polarità, sparisce anche il buio, perché non ha un’esistenza sua propria. La luce esiste, il buio no. Per questo la tanto spesso citata lotta tra le forze della luce e le forze delle tenebre non è una lotta autentica, perché la conclusione è da sempre conosciuta. Il buio non può conquistare la luce. La luce però trasforma continuamente il buio in luce, motivo per cui il buio deve evitare la luce se non vuole che la sua non –esistenza sia smascherata.

Il male è un prodotto artificiale della nostra coscienza polare, proprio come spazio e tempo, e serve a far percepire il bene; è la placenta della luce. Il male non è quindi il contrario del bene, è la polarità in se stessa che è male, è peccato, perché il mondo degli opposti non ha un fine suo e di conseguenza non ha una sua esistenza. La polarità porta alla disperazione, che del resto serve soltanto alla conoscenza, fa si che l’uomo si renda conto che soltanto nell’unità può trovare la propria redenzione. Lo stesso vale anche per la nostra coscienza. Noi definiamo “consapevoli” tutte quelle caratteristiche e aspetti di una persona che si trovano alla luce della sua coscienza e che egli può vedere. L’ombra è quel regno che non viene illuminato dalla luce della coscienza e quindi è buio, cioè “inconsapevole”. Tuttavia gli aspetti bui sembrano cattivi e spaventosi solo finchè rimangono nell’oscurità. Basta guardare i contenuti dell’ombra perché la luce penetri nelle tenebre e ciò che non è consapevole lo diventi. “Guardare le cose” è la grande formula magica dell’autoconoscenza. Guardando le cose se ne trasforma la qualità, perché in questo modo si porta luce, cioè coscienza, nel buio. Gli uomini vorrebbero sempre cambiare le cose e capiscono con difficoltà che l’unica cosa che viene richiesta all’uomo è la capacità di guardare. La meta ultima dell’uomo (illuminazione) è la capacità di guardare “tutto” e di riconoscere che tutto è bene così com’è. Un simile atteggiamento significa vera autoconoscenza. Fintanto che una persona viene disturbata da qualcosa o la ritiene bisognosa di cambiamenti, non ha raggiunto l’autoconoscenza.

Noi dobbiamo imparare a guardare le cose e gli eventi di questo mondo senza che il nostro Ego provi subito attrazione o repulsione; dobbiamo imparare a considerare con animo tranquillo tutti i giochi molteplici di Maja (velo/illusione). Ogni valutazione ci lega al mondo delle forme e ci blocca. Finchè siamo bloccati, non possiamo essere redenti dal dolore, restiamo colpevoli, restiamo malati. Rimane anche la nostra nostalgia di un mondo migliore e il nostro desiderio di modificarlo. Ed ecco che l’uomo è di nuovo prigioniero dell’illusione dello specchio, perché crede nella non perfezione del mondo e non si accorge che soltanto il suo sguardo è imperfetto, perché gli impedisce di vedere la globalità. Per questo dobbiamo imparare a riconoscere in tutto noi stessi ed essere sereni. Questo significa raggiungere il centro della polarità e di qui osservare i poli che pulsano. Questo atteggiamento imperturbabile è l’unico che consenta di guardare le manifestazioni senza valutarle, senza un si o un no, senza identificazione. Ma non bisogna confondere questa imperturbabilità con l’indifferenza, il disinteresse.

I contrari non si compongono da soli, dobbiamo viverli in modo attivo per divenirne veramente padroni. Una volta che abbiamo integrato i due poli, diventa possibile trovare il centro e da questo punto iniziare l’opera di unificazione dei contrari. Ci vuole il coraggio di affrontare consapevolmente e senza timori le provocazioni della vita. La parola decisiva in questa frase è “consapevolmente”, perché soltanto la consapevolezza che ci consente di osservare noi stessi in ogni nostra azione può impedire che ci perdiamo nell’azione. Non è tanto importante “che” cosa l’uomo fa, ma “come” lo fa.

Ordini, leggi e morale non conducono l’uomo alla perfezione. Essere ubbidienti è bene, ma non basta, perché bisogna sapere che anche il diavolo è ubbidiente. Divieti e ordini sono giustificati soltanto finchè l’uomo non è cresciuto a livello di coscienza e non è in grado di assumersi la responsabilità di se stesso. Il divieto di giocare con i fiammiferi è giustificato per i bambini piccoli, ma diviene superfluo quando crescono. Quando l’uomo trova in se la propria legge, si libera da tutte le altre. La legge più autentica di ogni individuo è trovare il proprio centro, il proprio Sé, e realizzarlo, ovvero diventare una cosa sola con tutto ciò che esiste.

Lo strumento che serve ad unire gli opposti si chiama “amore”. Il principio dell’amore è aprirsi e lasciar entrare qualcosa che fino al quel momento era “fuori”. L’amore tende all’unione, l’amore vuole fondere non separare. L’amore è la chiave per unire gli opposti, perché trasforma il Tu in Io e l’Io in Tu. L’amore è un di sì senza limitazioni e condizioni. L’amore vuole diventare una cosa sola con tutto l’universo, e finchè questo non ci riesce, non abbiamo ancora realizzato l’amore. Finchè l’amore sceglie ancora, non è vero amore, perché l’amore non separa, mentre la scelta separa. L’amore non conosce gelosia, perché non vuole possedere: vuole soltanto manifestarsi.

Simbolo di questo amore che tutto abbraccia è l’amore con cui Dio ama gli uomini. Non è concepibile che Dio suddivida il suo amore in modo differenziato. A nessuno verrebbe in mente di essere geloso perché Dio ama anche un altro. Dio, l’unità, non distingue bene e male e per questo E’ l’amore. Il sole invia il suo calore a “tutti” gli uomini e non spartisce i suoi raggi a seconda dei meriti. Soltanto l’uomo si sente chiamato a gettare pietre, ma non dovrebbe stupirsi del fatto di colpire sempre soltanto se stesso. L’amore non conosce impedimenti, l’amore trasmuta. Amate il male, e il male sarà redento.

 

 

Tratto dal libro di Thorwald Dethlefsen e Rüdiger Dahlke "Malattia e destino"