Il giardino di Medea - 2° parte

06.04.2015 20:50

Il giardino di Medea

- 2° parte -

 

Cresceva l'aconito, nel giardino di Medea. Erba dagli incantevoli fiori azzurri, in cui le “streghe” nordiche vedevano raffigurato l'elmo di Odino, dio delle terre settentrionali. Ritenuto erba satanica dall'inquisizione, perché fiore che nella sua bellezza cela uno dei più potenti veleni, l'aconito viene assorbito velocemente dalla pelle, induce allucinazioni ed estasi, paralisi cardiaca e respiratoria. Gli antichi guerrieri spalmavano frecce e lance con olio di aconito, per paralizzare il nemico trafitto, e fu con l'aconito che, nel mito greco, Medea tentò di avvelenare Teseo.

Da Medea gli sciamani impararono a spalmarsi il corpo con olio di aconito – come facevano le “streghe” nei loro voli notturni – per andarsene fin sopra le nubi e da qui far piovere o scatenare tempeste.

Una pelle di serpente farcita di foglie di aconito rende invisibili se avvolta intorno al collo, e questo era noto anche alle guaritrici che usavano abitualmente l'aconito per risanare. Conoscevano la dose minima da somministrare per ridurre l'affanno cardiaco, per sedare la tosse, per calmare nevralgie, e sapevano anche che fiori di aconito, sparsi nel letto in cui si dorme, affinano le capacità della mente e la sensibilità del cuore inducendo a riflettere sugli eventi della vita altrui e propria.

Le guaritrici, le erbarie, le donne sapienti sapevano usare la belladonna, che può con il suo veleno dare la morte per arresto cardiaco, provoca allucinazioni e deliri, ma in dosi minime agisce da sedativo e da antispasmodico, rilassa chi è ansioso, contrasta il dolore. Sapevano usare il giusquiamo, veleno per eccellenza, i cui fumi procurano allucinazioni, ma che saggiamente dosato è validissimo anestetico, calma insonnia, temiti delle mani e convulsioni; poche gocce aggiunte a un bicchiere di vino ne aumentano l'effetto inebriante. Sapevano usare lo stramonio, i cui fiori avvizziscono alla luce del giorno e si aprono bianchi nella notte spandendo un fetore intollerabile; fiori che sciolti in pozioni inducono chi li beve a rispondere a qualsiasi domanda. Lo stramonio produce allucinazioni e visioni, deliri e ira incontrollata, è pianta allucinogena per eccellenza, eppure anch'essa è potente farmaco, se accortamente usato in dosi minime, capace di placare reumatismi, sciatiche e dolori diffusi.

Le guaritrici e le veggenti sapevano che nel giardino di Medea crescevano il pioppo e il cedro, i cui fumenti inducevano estasi e dono della profezia. Cresceva il tasso dedicato a Ecate. Sapevano, le guaritrici, che i semi del tasso avvelenano, sapevano che accortamente usati procurano aborto, mentre le foglie e la corteccia valgono da rimedio per tosse e vescica pigra. Conoscevano la borragine dalle pelose foglie pungenti e dai vermigli fiori; fiori della gioia di vivere e dell'euforia se disciolti in pozioni da bere nei giorni in cui il destino ci sembra avverso, ma anche nemici della lucidità della mente se assunti in dosi eccessive. Le guaritrici usavano la borragine, oltre che come antidepressivo, per guarire mal di reni e mal di milza, per calmare la bile e per sfiammare punture di insetti o ferite. Con olio di borragine sapevano guarire gli eczemi dei bambini e in genere le dermatosi, usandolo come unguento o somministrandolo, poche gocce nella tazza del latte. Usavano per tener sano il corpo le proprietà della peonia, pianta del mistero, la “rosa senza spine”, sacra alle Grande Dea, pianta della notte perché votata alla luna, e sapevano trarre dalle sue foglie un filtro che usato in dosi minime guariva dal sonnambulismo.

Con il succo dei suoi fiori le levatrici contrastavano i dolori del parto, guarivano l'asma e la gotta, guarivano la follia, che la sua linfa può scatenare se in dose errata. Sapevano usare, le guaritrici, le virtù della lattuga, sedativa e rinfrescante, pianta fredda capace di spegnere il desiderio sessuale. E conoscevano la primula, da raccogliere all'alba delle notti di luna nuova, pianta magica dei Celti, che insegnava la profezia.

Vera pianta degli dei la primula veniva considerata panacea universale per ogni tipo di malanno, dall'insonnia ai reumatismi, dalle vertigini agli attacchi di tosse convulsa. In dose eccessiva può far uscir di senno.

Erano abili nel preparare l'estratto della digitale, dai rossi fiori a campanula, valido farmaco per sostenere il cuore e per curare le ferite. Pianta miracolosa ma pericolosa, la digitale esigeva una assoluta attenzione, essendo poco maneggevole, ovvero difficilmente dosabile: basta un niente per passare dalla dose terapeutica a quella mortale.

 

Per tutte queste conoscenze, le guaritrici, furono accusate dalla Chiesa e dalla potente classe medica, che dal Rinascimento dichiarò loro guerra, di essere “streghe”, di aver stipulato un patto con il diavolo e mandate al rogo senza nessuna esitazione.

Non valsero a salvarle nemmeno le parole di Paracelso che, nella prefazione della sua opera Chirurgia minore, rinfaccia ai medici usciti dalle università di essersi appropriati di un patrimonio di sapienza appartenuto all'umanità tutta e fin dai tempi antichissimi, tramandato di madre in figlia, e di avervi aggiunto di proprio solo glosse, norme, elucubrazioni dotte del tutto inutili.